Lavoratori in nero ed evasione fiscale: sequestro preventivo da 200mila euro per un'imprenditrice
L’attività investigativa ha preso avvio a seguito di un controllo fiscale: emerse numerose irregolarità

Lavoratori in nero ed evasione fiscale: sequestro preventivo da 200mila euro per un'imprenditrice cinese residente a Pusiano e con attività a Erba. L'intervento è stato eseguito dai Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Como, su delega della Procura della Repubblica locale e disposto dal Giudice per le indagini preliminari.
Il controllo fiscale effettuato dai finanzieri di Erba
L’attività investigativa ha preso avvio a seguito di un controllo fiscale effettuato dalla Compagnia di Erba a un’azienda metalmeccanica di Erba in cui sono emerse numerose irregolarità: la presenza di due lavoratori in nero, uno dei quali di nazionalità cinese, irregolare sul territorio nazionale e già destinatario di un provvedimento di espulsione. Quest’ultimo è stato denunciato per inottemperanza al decreto di espulsione, mentre la titolare è stata segnalata per aver impiegato manodopera straniera priva di permesso di soggiorno. L’azienda è stata sanzionata con la sospensione dell’attività: oltre il 10% dei lavoratori era impiegato senza regolare comunicazione di assunzione.
Dall'ispezione è poi emerso che l’impresa aveva indebitamente dedotto costi estranei all’attività d’impresa: in particolare, acquisto di carne suina e di riso in grandi quantità, destinati a un ristorante gestito da un familiare; vestiti firmati, dispositivi Apple e giocattoli. L'impresa aveva utilizzato fatture per operazioni inesistenti, emesse da altri imprenditori di origine cinese, con l’obiettivo di evadere imposte dirette e IVA.
Sulla base degli elementi raccolti, la Procura ha richiesto e ottenuto dal GIP il sequestro preventivo, anche per equivalente, di beni fino a concorrenza dell’imposta evasa.
Durante l’esecuzione del provvedimento, è stato accertato che la titolare aveva tentato di sottrarre i propri beni al sequestro simulando l’affitto dell’azienda a una società di capitali, formalmente amministrata da un connazionale ma, di fatto, gestita interamente da lei. Gli accertamenti bancari hanno confermato che era la stessa imprenditrice a versare gli stipendi sia ai dipendenti sia all’amministratore della nuova società, dimostrando così la creazione fittizia della società per eludere le azioni di riscossione coattiva. Per questo è stata anche denunciata per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.