L'infermiera killer Sonya Caleffi a settembre sarà libera
Parla la moglie di Giuseppe Sacchi, uno dei due pazienti sopravvissuti all’iniezione di aria che gli era stata praticata dall’infermiera killer.

A settembre, Sonya Caleffi, l’infermiera killer dell’ospedale di Lecco, ma che aveva lavorato anche al Sant'Anna di Como, condannata a 20 anni per l’omicidio di 5 persone (e il tentato omicidio di altre 2) sarà libera. L’ex dipendente dell’ospedale di Lecco, tra indulto e buona condotta uscirà dopo 14 anni. Una notizia che ha sconvolto i parenti delle vittime del cosiddetto angelo della morte. E forse, ancora di più, chi ancora oggi deve convivere con le conseguenze delle azioni della donna.
Sonya Caleffi presto libera
Parla la moglie di Giuseppe Sacchi, 84 anni, originario di Galbiate ma ora residente a Mandello. Da 14 anni l’uomo è sulla sedia a rotelle dopo che Sonia Caleffi gli ha iniettato una siringa d’aria. Dopo “l’intervento dell’angelo della morte riuscirino a salvare mio marito – racconta Grazia Faggi – Ma a che prezzo: ne è uscito devastato. In realtà non si è mai ripreso del tutto. E’ stato cinque giorni in coma e venti in Rianimazione e poi per quattro mesi è rimasto in ospedale. Da 14 anni è relegato su una sedia a rotelle e mi occupo io di lui, per ogni cosa".
Perdono? Non se ne parla
"Si può perdonare chi si pente, ma quella donna non si è mai pentita". Faggi non è l’unica a dire che è impossibile perdonare l’infermiera. "Non la perdonerò mai. Mi ha tolto una persona cara senza permettermi di accompagnarla nel suo ultimo viaggio tenendole la mano" dice infatti Ester Goggia, nipote di una delle vittime, Maria Cristina.
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