Il caso

Moschea a Cantù: il Tar accoglie due ricorsi dell'associazione Assalam

"Noi non facciamo niente di male e non abbiamo niente da nascondere", ha commentato il presidente dell'associazione.

Moschea a Cantù: il Tar accoglie due ricorsi dell'associazione Assalam
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Moschea a Cantù, un nuovo capitolo. Il Tar di Milano ha accolto due ricorsi promossi dall’associazione Assalam, che ha circa 400 iscritti. In particolare i ricorsi riguardavano il diniego di permesso di costruire in relazione al cambio di destinazione in luogo di culto e la richiesta di individuare un area per l’insediamento di un luogo di culto.

Moschea a Cantù: il Tar accoglie il ricorso dell'associazione Assalam

Il sodalizio islamico aveva acquistato un capannone in via Milano, nella zona artigianale, con l’obiettivo di adibirlo a luogo di culto così come previsto dal Piano di Governo del Territorio approvato dall’Amministrazione Bizzozero.  La normativa regionale aveva tuttavia bloccato l’iter, al punto che l’Amministrazione comunale allora guidata dal sindaco Edgardo Arosio aveva vietato l’esercizio del culto all’interno di quegli spazi, dando il via a un lungo contenzioso con l’associazione.

Ora il Tar ha annullato il diniego opposto dal Comune alla richiesta di permesso di costruire per l’insediamento di un luogo di culto, tenuto conto degli effetti derivati dalla declaratoria di illegittimità costituzionale. Non ci sono quindi ostacoli connessi ad una pretesa violazione del P.G.T. o della disciplina urbanistica. Il Collegio ha, tra l’altro, affermato che l’Amministrazione, in presenza di richieste di insediamento di attrezzature religiose, in conformità con i principi costituzionali a tutela della libertà religiosa deve esaminare le domande ed esercitare la potestà pianificatoria tenendo conto delle esigenze di buon governo del territorio in modo tale da non limitare ingiustamente la libertà di culto. Come affermato dal Tar, a fronte dell’annullamento dell’atto impugnato, consegue l’obbligo del Comune di rideterminarsi sull’istanza avviando un’istruttoria.

"Per noi si tratta di una notizia importante. Il Tar ha riconosciuto che in quel luogo è possibile insediare un luogo di culto, così da esercitare uno dei diritti fondamentali della Costituzione. Il persmesso di costruire sarebbe dovuto essere rilasciato, il diniego quindi è stato illegittimo. Questa decisione permette di promuovere un dialogo con l'Amministrazione - ha spiegato l'avvocato Vincenzo Latorraca - . Siamo di fronte a due decisioni che vanno entrambe nello stesso senso che dovranno essere valutate dal Comune. Ora non ci sono più ostacoli nella pianificazione urbanistica che impediscano l'insediamento. A situazioni mutate, vanno data risposte diverse. Notizia importante perché consente di promuovere dialogo con amministrazione per ottonere un diritto".

Il Tar poi ha ritenuto di non accogliere il ricorso per il cambio di destinazione a "centro culturale-sociale". "Ciò, in buona sostanza, sul solo presupposto che non sarebbe soddisfatta la dotazione di parcheggi pertinenziali. Su questo punto valuteremo un ricorso in appello".

Apertura al dialogo col Comune

Il presidente dell'associazione Assalam, Omar Bourass, si è detto soddisfatto per la sentenza.

"Siamo veramente felici per il risultato, lo stavamo aspettando da tanto tempo. Noi non facciamo niente di male e non abbiamo niente da nascondere, facciamo entrare chiunque voglia vedere cosa facciamo. Ringraziamo la giustizia italiana. Il posto è utile anche per il Comune perché ci sono tante comunità, non solo quella marocchina, ma anche quella africana, pakistana e tutte quelle della zona. Ci si ritrova anche per parlare e aiutarsi".

Sul tema è intervenuto anche Ahamadou-Bouya Gueye, sottolineando la volontà dell'associazione di dialogare con l'Amministrazione.

"Siamo contenti per l'esito della sentenza e ringraziamo i nostri avvocati per questo lavoro lungo e difficile. Cerchiamo di lottare per i nostri diritti, perché praticare la nostra religione è un diritto. Ultimamente non siamo riusciti ad aiutare famiglie in difficoltà. Ora c'è grande fiducia, speriamo di poter andare avanti. Rinnoviamo l'apertura al dialogo col Comune, perché questi cittadini sono cittadini di Cantù. Abbiamo la cittadinanza, i nostri figli sono nati qui e noi lavoriamo".

I prossimi passaggi

"Nel 2015 l'associazione aveva presentato una domanda di permesso per costruire. Dopo la richiesta di presentazione di documenti da parte del Comune, era intervenuta la legge regionale che prevedeva l’obbligo dell’esistenza di un piano per le attrezzature religiose per aprire nuovi luoghi di culto. Ora che quel diniego è stato dichiarato illegittimo, serve una nuova risposta alla domande che era stata presentata dall'associazione. C'è disponibilità ad intavolare un dialogo ma l'esito deve necesseriamente essere valutato in termini positivi", ha concluso La Torraca.

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