Piante esotiche: è boom sul lago di Como

Trezzi: "E’ un esempio della capacità di innovazione delle imprese agricole italiane".

Piante esotiche: è boom sul lago di Como
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Piante esotiche sempre più diffuse nel Comasco e nel Lecchese.

Boom nel nostro territorio

Con i cambiamenti climatici arrivano le prime coltivazioni di mango e avocado Made in Italy insieme a tante altre produzioni esotiche di largo consumo come le banane e specialità meno conosciute come lo zapote nero fino alla sapodilla. E’ quanto emerge dal primo studio Coldiretti “I tropicali italiani” presentato in occasione dell’apertura del Villaggio contadino della Coldiretti a Milano al Castello Sforzesco. E così, mentre il limite di coltivazione dell’olivo si sposta dal Lecchese fino alle alpi valtellinesi, ecco che arrivano sul lago di Como alcune specialità tipicamente sudamericane o asiatiche, come lo “zucchero degli aztechi”, lo spinacio rampicante di Malabar o il basilico sacro indiano: Giovanni Mazzucotelli e Maria Cazzaniga hanno portato le loro specialità al Villaggio contadino, conquistando una grande attenzione e curiosità da parte del pubblico: “Ad esempio, c’è grande attenzione verso il coriandolo, che è presente nella miscela classica del curry,  ma anche nella salsa mojo verde di Tenerife”  spiega Mazzucotelli.“Non è raro che, di ritorno dalle vacanze, i turisti italiani ci contattino per acquistare queste essenze, che utilizzano in cucina per riprodurre le ricette apprese ed assaggiate durante un viaggio ai confini lontani del mondo. Noi, volentieri, li aiutiamo”.

Ecco le colture più "strane"

Ecco quindi comparire le colture di lippia dulcis (già nota come “zucchero degli aztechi”), di origine centroamericana come anche l’acmella olleracea (o fiore elettrico); la perilla fruttescens, sempre coltivata nel loro vivaio, è invece diffusa in Cina, Giappone e Corea, nonché in India e Vietnam. Ancora, il tulsi o basilico sacro indiano, la patata dolce (ipomea batatas). “Spesso vi sono visite o richieste da parte di consumatori stranieri che intendono utilizzarlo in cucina: ad esempio i nipponici ci richiedono spesso il basilico giapponese, così come il levistico è molto richiesto da parte dei cittadini dell’est”,  conclude Mazzucotelli.

Effetto del surriscaldamento

All’attività di ricerca si affianca un vero e proprio fenomeno “esploso” in Italia per gli effetti del surriscaldamento determinati dalle mutazioni del clima e destinato a modificare in maniera profonda i comportamenti di consumo nei prossimi anni, ma anche le scelte produttive delle stesse aziende agricole. Lo dimostra il fatto che si è passati da pochi ettari piantati con frutti tropicali a oltre 500 ettari con un incremento di 60 volte nel giro di appena cinque anni. Il tutto grazie all’impegno di giovani agricoltori – ricorda Coldiretti - che hanno scelto questo tipo di coltivazione, spesso recuperando e rivitalizzando terreni abbandonati proprio a causa dei mutamenti climatici, in precedenza destinati alla produzione di arance e limoni.  Un segmento di mercato che sta crescendo vertiginosamente considerato che oltre sei italiani su 10 (61%) acquisterebbero banane, manghi, avocado italiani se li avessero a disposizione invece di quelli stranieri, secondo un sondaggio Coldiretti-Ixè diffuso per l’occasione. Il 71% dei cittadini sarebbe inoltre disposto a pagare di più per avere la garanzia dell’origine nazionale dei tropicali. Una scelta motivata dal maggiore grado freschezza ma anche dal fatto che l’Italia – precisa la Coldiretti lariana – è al vertice della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,8%), quota inferiore di 1,6 volte alla media dell’Unione Europea (1,3%) e ben 7 volte a quella dei Paesi extracomunitari (5,5%).

Il commento del presidente

 “Il fenomeno della coltivazione di piante esotiche italiane è spinto dall’impegno di tanti giovani agricoltori” osserva Fortunato Trezzi, presidente Coldiretti Como Lecco. “E’ un esempio della capacità di innovazione delle imprese agricole italiane nel settore ortofrutticolo che troppo spesso viene però ostacolata da un ritardo organizzativo, infrastrutturale e diplomatico che ha impedito all’Italia di agganciare la ripresa della domanda all’estero, con un crollo nell’ortofrutta fresca esportata nel 2018 dell’11% in quantità e del 7% in valore, rispetto all’anno precedente”. Da qui l’esigenza – conclude la Coldiretti lariana - di “garantire trasporti efficienti sulla linea ferroviaria e snodi aeroportuali per le merci che ci permettano di portare i nostri prodotti rapidamente da nord a sud del Paese e poi in ogni angolo d’Europa e del mondo”.

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