Mette l'adesivo sulla casa: "Qui abita un antifascista" STORIE SOTTO L'ALBERO
Il Giornale di Olgiate regala ai lettori di Giornaledicomo.it le più belle storie raccontate nel corso del 2018 sulle pagine del nostro settimanale.
(Olgiate Comasco) "Qui abita un antifascista". A 95 anni Ernesto Maltecca mostra la stessa mente lucida di sempre. Di quando era un giovanotto e i suoi occhi chiari, trasparenti, fissarono orrore e miseria della Seconda guerra mondiale. Di uomo, marito e padre che da 73 anni vive accanto all’inseparabile Ines, 92 anni, fiero della sua famiglia unita: tre figli e sei nipoti, "due per ogni figlio", sottolinea orgoglioso.
"Qui abita un antifascista"
A 95 anni potrebbe rimanere tranquillo, soddisfatto della lunga vita di affetti, lavoro e impegno civico: nel sindacato come in Consiglio comunale, da presidente della sezione olgiatese della "Combattenti e Reduci" (dal 1980) e con la presidenza onoraria della federazione provinciale del sodalizio (guidato dal 2007 al 2017). A 95 anni, invece, è battagliero testimone: fisicamente, partecipando alle cerimonie del IV Novembre; graficamente, attaccando un esplicito adesivo fuori dalla propria abitazione in via Garibaldi, sulla cassetta delle lettere: "Qui abita un antifascista".
Manifestare: imperativo categorico. Sempre e comunque. "Ho messo quell’adesivo un paio di mesi fa - spiega Maltecca, tessendo un filo di voce - Così, quando qualcuno arriva a casa mia... subito capisce chi sono. Io comprendo il malcontento della gente, le famiglie che faticano a tirare la fine del mese. Anch’io sono stato povero, migrante dalla Bergamasca a Olgiate. Anch’io ho patito la fame: cinque fratelli morti perché la mia famiglia non aveva da mangiare. Che il popolo protesti è giusto ma c’è modo e modo di risolvere i problemi. Mai con l’odio. Mai col populismo. Mai col menefreghismo che ora, davvero, fa paura".
"Questi tempi mi preoccupano"
A 95 anni Maltecca è inquieto. Di un’inquietudine che lo getta nel passato e lo riporta alla dittatura nazifascista. "Io ho viste certe cose: sono preoccupato da questi tempi. Credo nella famiglia: senza famiglie unite non è possibile costruire un Paese unito. Ascolto le parole di papa Francesco, ripenso a quando a Olgiate ero considerato bestia rara perché comunista, ai vescovi che davano la benedizione alle truppe in partenza per il fronte: ragazzi che andavano a uccidere altri ragazzi... Io sono d’accordo col papa, col Vangelo: l’odio non risolve i problemi. Ma oggi quanti ascoltano il papa?".
Ecco perché Maltecca ci mette la faccia. E un adesivo. "Significa che qui c’è un uomo che si è battuto per la democrazia liberale". Un uomo che una settimana fa ha subìto una brutta caduta in casa e, malgrado la botta rimediata, ha risposto presente all’appello del IV Novembre. Durante la cerimonia conclusiva, lunedì 5 novembre, Maltecca ha affidato alla voce di Giuliana Casartelli, coordinatrice del sistema bibliotecario Giovanni Annoni, le parole del discorso scritto per l’occasione. "L’associazione che rappresento, “Combattenti e Reduci”, è ormai composta da pochi reduci della Seconda guerra mondiale che, per ovvie ragioni d’età, si sta spegnendo. Vorrei quindi esprimere il più sentito ringraziamento all’associazione Alpini che nel corso degli anni si è fatta carico di portare in ogni ricorrenza il prezioso contributo e di aver raccolto l’onore e l’onere di mantenere vivo il ricordo nelle giovani generazioni. Ogni anno, durante questa cerimonia, non posso fare a meno di ricordare quanti sacrificarono la vita o patirono immani sofferenze. Cento anni dalla fine della Prima guerra mondiale, dalla strenua lotta per diventare una nazione unita. Sembrano tempi lontanissimi, eventi che non ci toccano più. Eppure ragazzi, mi rivolgo a voi, non fatevi sviare dai tanti paroloni con cui oggi ricordiamo questa giornata. Solo una deve risuonare nelle vostre menti: la guerra è solo e sempre terribile. Mio padre, classe 1884, era un reduce della Prima guerra, croce di cavaliere di Vittorio Veneto, contadino. Sappiate che la guerra è sempre combattuta dalla povera gente contro altra povera gente".
"Senza confini e senza conflitti"
Parole come macigni. "La Prima guerra mondiale è stata combattuta in trincea, nel fango, nel gelo, nella fame più nera, nelle malattie, tra i topi e i pidocchi ed era meglio morire sul colpo che tra gli spasmi delle infezioni senza cure e medicinali. Eppure tra la Prima e la Seconda guerra mondiale passarono solo 25 anni di pace. Cosa non avevano compreso i nostri vecchi? E cosa provarono vedendo i loro figli partire, sapendo cosa avrebbero dovuto affrontare? Perché la guerra l’ha fatta soprattutto la gente comune. Ma non dimentichiamo che l’hanno fatta anche le madri, le mogli, i figli, le sorelle, i bambini, perché non c’è stata famiglia che non pianse un proprio caro o che non dovette affrontare miseria e fame. Entrambe queste guerre sono nate da spinte autoritarie, per difendere confini e conquistare domini, per assoggettare popoli, eliminare etnie, difendere interessi economici, indipendenze, sovranità. Siamo in pace da 73 anni. Siamo qui oggi per ricordare che i vostri nonni, i vostri bisnonni hanno dato la vita per garantire un’Italia unita e libera e per comprendere che non ha senso chiudersi nei propri confini e che la pace ha bisogno di spazi aperti verso il resto d’Europa, per assicurarsi un futuro insieme. Tutti. Senza più confini, senza più conflitti tra i Paesi e tra gli esseri umani".
(Giornale di Olgiate sabato 10 novembre 2018)