Ragazze e ragazzi a Roma e in Vaticano per una profonda esperienza di fede
Guidati dai vicari don Francesco Orsi e don Pietro Grandi, stamattina la messa all'Altare della cattedra di San Pietro.
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A Roma e in Vaticano per condividere il campo delle vacanze di carnevale: un folto gruppo di giovanissimi di Olgiate Comasco in trasferta con i vicari don Francesco Orsi e don Pietro Grandi.
Esperienza significativa
In questi giorni 60 tra ragazze e ragazzi olgiatesi in età di scuola media stanno condividendo una profonda esperienza. Fede e cultura, immergendosi nelle meraviglie della Capitale. Nella mattinata odierna, lunedì 3 marzo, anche la visita alla basilica di San Pietro. "Bellissima esperienza - conferma don Francesco Orsi - Stamattina i nostri giovanissimi hanno fatto il pellegrinaggio della Porta Santa, cantando a squarciagola. Molto significativo anche il momento della preghiera per il papa".
Messa all'Altare della cattedra nella basilica di San Pietro
Per la nutrita delegazione l'opportunità di partecipare alla messa celebrata proprio stamattina all'Altare della cattedra nella basilica di San Pietro. Un momento condiviso con 380 coetanei di varie parrocchie della diocesi di Como. Messa presieduta da monsignor Dario Edoardo Viganò, vicecancelliere della Pontificia accademia delle scienze e della Pontificia accademia delle scienze sociali. Messa concelebrata anche da don Flavio Crosta, parroco di Olgiate Comasco, che nella serata di domenica ha raggiunto ragazze e e ragazzi e i suoi vicari.
L'omelia di monsignor Viganò
"Un uomo corre verso Gesù. Probabilmente un giovane che ha messo tutte le sue capacità creative e di lavoro per ottenere una vita agiata; è ricco e anche devoto perché osserva la legge. Eppure, nel Vangelo si dice che corre e questo atteggiamento è strano perché nel vangelo di Marco troviamo solo due persone che corrono: questo giovane e l’indemoniato di Gerasa (Mc 5,1-20). Non solo corre verso Gesù ma si getta ai suoi ai suoi piedi come fanno i lebbrosi o i demoni che si gettavano in ginocchio davanti a Gesù.
Bastano queste due note per comprendere che siamo dinanzi a un giovane che si sente appesantito da qualcosa, si sente oppresso come se avesse la lebbra, come se avesse uno spirito immondo che non lo lascia in pace, che lo inchioda a terra. Questo giovane non ce la fa più a sostenere questa situazione. Forse è già da tempo che è alla ricerca di qualcuno che lo possa aiutare, perché quando dice “Maestro buono, meglio maestro insigne” (Mc 10,17) sta mostrando che ha già chiesto a molti maestri che cosa deve fare ma non è migliorato nulla nella sua vita. Ora ha trovato un maestro davvero insigne e gli chiede “che devo fare per ereditare la vita eterna” (v.17).
Come mai un giovane che ha tutto nella vita ed è pio, adesso non ce la fa più? Lui supplica per sapere cosa fare per avere “in eredità la vita eterna”. Cioè lui vuole fare qualcosa per Dio, per poter avere da Dio l’eredità della vita eterna. Lui è ricco, ha tante cose e fa anche del bene, ma non è felice, non è felice perché? Perché ha paura della morte, ha paura di morire. Perciò dice: cosa devo fare per uscire fuori da questa paura ed avere la sicurezza della vita? La sicurezza della vita senza tramonto. Gesù risponde: perché mi chiami buono/insigne, hai già un insigne maestro interiore che è la legge che garantisce la libera fedeltà a Dio. E così Gesù cita - attenzione - solo la seconda tavola della legge, quella che contempla tutto ciò che siamo chiamati a compiere nei confronti dell’uomo. Come dire: tutto ciò che tu vuoi fare a Dio, passa per l’uomo. La fede passa attraverso l’altro, il volto, il sorriso, lo sguardo dell’altro.
E a questo punto abbiamo un’altra situazione strana: Cristo, dice il Vangelo, lo fissò e lo amò mentre lui si fa triste. Proprio non ci si incontra: chi ha la logica del fare le cose per ottenere qualcosa, ha
la logica del possesso e chi ha la logica del possesso non può capire l’amore. Perché l’amore funziona come dono, agisce sulla via del dono. Perciò Cristo lo amò. Stiamo celebrando l’Eucarestia proprio sopra la tomba di San Pietro. E Pietro è colui che conferma i fratelli, che guida la Chiesa non quando ha risposto bene alle domande di Gesù ma quando, dopo il tradimento, si è lasciato raggiungere dallo sguardo di Gesù che lo amò profondamente. A quel punto Pietro pianse - dice il Vangelo - e le sue lacrime sono il suo battesimo. Si è lasciato raggiungere dall’amore di Gesù nel suo fallimento e le lacrime sono l’acqua battesimale che lo hanno reso capace di amare al modo di Dio.