Rimborsopoli in Lombardia, arriva la sentenza di primo grado: condannati quattro comaschi

Fra i condannati ci sono tutti e quattro i comaschi.

Rimborsopoli in Lombardia, arriva la sentenza di primo grado: condannati quattro comaschi
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Oggi, venerdì 18 gennaio 2019, la decisione del tribunale di Milano per l’inchiesta “Rimborsopoli”. Ci sono state 52 condanne per 57 imputati, tra questi nomi notissimi come Renzo Bossi, Nicole Minetti e Massimo Romeo (oggi capogruppo Lega al senato). Tra ex consiglieri e ex assessori coinvolti anche quattro comaschi.

Rimborsopoli in Lombardia: la sentenza

Il Tribunale di Milano ha condannato in primo grado 52 dei 57 ex assessori ed ex consiglieri regionali  accusati di peculato. Fra i condannati anche volti molto noti della politica come Renzo Bossi, per lui il giudice ha disposto una pena di  2 anni e 6 mesi, e Nicole Minetti, 1 anno e 8 mesi, stessa condanna inflitta a Massimiliano Romeo, ex assessore a Monza e attuale capogruppo della Lega in Senato (la pena è sospesa ed è stata decisa la non menzione). Le pene sono andate da un anno e 5 mesi fino a 4 anni e 8 mesi.

Condannati anche i quattro comaschi

Tra gli ex consiglieri ed ex assessori sono coinvolti anche quattro comaschi. Si tratta di Giorgio Pozzi (Forza Italia, 1 anno e sei mesi), Gianluca Rinaldin (Forza Italia, 2 anni e nove mesi), Dario Bianchi (Lega, 1 anno e sei mesi), Luca Gaffuri (Partito Democratico, 1 anno e sei mesi).

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Dario Bianchi

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Gianluca Rinaldin

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Giorgio Pozzi

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Luca Gaffuri

Rimborsopoli

Lo scandalo delle spese pazze in Regione era scoppiato nel 2012; secondo i pm gli ex assessori e gli  ex consiglieri regionali avrebbero speso illecitamente 3 milioni di euro, facendoli figurare come spese di rappresentanza e chiedendo, e ottenendo, il relativo rimborso spese. Nelle spese contestate ad alcuni imputati c’erano gratta e vinci e fuochi d’artificio.

Rifiutata l’istanza di rinvio

Uno degli avvocati della difesa aveva chiesto al giudice Gaetano la Rocca l’istanza di rinvio per via di una norma in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale che avrebbe consentito di derubricare il reato passando dal peculato a quello di indebita percezione di erogazioni o fondi pubblici, meno grave. La richiesta non è stata valutata proprio perché la legge ancora non è valida.

 

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