la storia

Sconfigge il Covid poi corre una 24 ore dedicandola a don Roberto

"La dedico a lui pensando che avevo avuto l’occasione di conoscere un grande uomo e di essermene reso conto quando ormai è troppo tardi".

Sconfigge il Covid poi corre una 24 ore dedicandola a don Roberto
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Una testimonianza speciale, scritta da un atleta master, il sondriese Luciano Ferrari, dirigente della Banca Popolare di Sondrio, che ha contratto il Covid e lo ha sconfitto. E che poi ha ripreso ad allenarsi in vista di una corsa di 24 ore. E che, visto quanto accaduto la scorsa settimana, ha deciso di dedicarla a don Roberto Malgesini, il sacerdote ucciso a Como. Il prete degli ultimi che lui aveva conosciuto quando, prima di entrare in seminario, aveva lavorato alla Bps a Lecco.

Il Covid, l’allenamento in casa e poi la gara

La gara, conosciuta come Lupatotissima avrebbe dovuto essere una competizione valida per il campionato europeo, poi annullata per Covid. Partenza sabato 19 settembre 2020 alle 10 e stop esattamente dopo 24 ore. In questo tipo di competizioni, la classifica viene stilata in basi a quanti chilometri percorre ogni atleta. Ecco il racconto del sondriese Luciano Ferrari.

“Mi ero già iscritto alla gara come campionato europeo, riservata alle squadre nazionali + 70 atleti open che avessero fatto nei due anni precedenti una gara dello stesso tipo percorrendo almeno 150 chilometri. Io, oltre alla mia partecipazione ai mondiali 2015 a Torino con 160 chilometri percorsi, avevo fatto i campionati italiani 2 anni fa con 151 chilometri. E quindi avevo titolo. Poi la gara è stata declassata a campionato italiano e io, esattamente il 19 marzo, sei mesi prima, ho preso una polmonite bilaterale interstiziale da Covid con danni ai polmoni ancora sotto controllo. Mi sono ripreso e in quarantena mi sono allenato in casa percorrendo 350 chilometri in un giro di 50 metri misurato allo scopo. Appena ho potuto uscire, a maggio, ho ricominciato a correre ma, al massimo, per 10 chilometri. Non sapendo poi se la gara ci sarebbe stata ed essendo state annullate tutte le maratone, mi sono mancati gli allenamenti sul lungo. Ho deciso comunque di andare, affrontandola con cautela. In tanti mi hanno sconsigliato. Dopo i primi 42 chilometri (una maratona) mi sono fatto controllare dai medici. La saturazione era un po’ bassa (91) ma ero sotto sforzo; dopo un quarto d’ora si è assestata sui 95/96 e quindi, con la promessa di non esagerare, mi hanno consentito di riprendere. Ho percorso 102 chilometri, ma in questo caso, la classifica non conta. L’importante è capire che tutto va bene. La gara si è svolta regolarmente nonostante un intervento dei vigili del fuoco per un incendio scoppiato intorno alle 5 del mattino in una palazzina dello stadio e black out di circa mezzora sulla pista di atletica, fortunatamente senza gravi conseguenze per la visibilità e nessuna per il rilevamento cronometrico. La gara è anche stata bella. Tutti quelli saliti sul podio per i titoli nazionali hanno percorso dai 200 ai 230 chilometri. Con una particolarità: tutte le donne sul podio per il campionato assoluti hanno percorso più chilometri. degli uomini. Penso per una scellerata tattica di gara dei più giovani che si sono dati battaglia per 2/3 della gara salvo poi scoppiare nel finale. Le donne sono state più sagge e hanno corso con regolarità dall’inizio alla fine. Altra storia per la classifica open dove sul podio sono andati solo stranieri e il vincitore è arrivato vicino ai 250 chilometri”.

La dedica a don Roberto Malgesini

L’ultramaratoneta continua il suo racconto. Con il ricordo di Don Roberto.

"Io dedico sempre le mie gare a qualcuno e questa volta avevo pensato alla dottoressa Micol Racchetti che mi aveva seguito durante la malattia, con mia moglie e mia figlia come infermiere. Mia moglie, anche lei ammalata ma in forma più lieve e cioè senza interessamento dei polmoni, e mia figlia come assistente telefonica. Ma dopo quello che è accaduto la scorsa settimana ho pensato, specialmente durante la gara (in 24 ore di corsa si pensano tante cose), che la mia dedica dovesse essere anche a un’altra persona, don Roberto che ha perso la vita in tragiche circostanze. Da ragazzo, nel 1989, aveva cominciato a lavorare in banca a Lecco dove ero direttore fino a giugno del 1990 quando sono stato trasferito a Milano. In un primo momento ricordavo solo un episodio: quando nel 1991 ho saputo che si faceva prete proprio nel periodo in cui un altro mio collaboratore a Milano mi comunicava che sarebbe entrato in seminario, mi era scappata una battuta “possibile che tutti quelli che lavorano con me si facciano preti”. Per aiutare la memoria sono andato in internet e ho visto uno dei pochi filmati che vi si trovano. Mi ha molto colpito per la serenità, la bontà e la felicità che si vedevano in quella persona. Vorrei potergli chiedere: “Ma come fai a essere così con quello che vedi?” La dedico a lui pensando che avevo avuto l’occasione di conoscere un grande uomo e di essermene reso conto quando ormai è troppo tardi”.

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