Dal Giornale di Olgiate

Un secolo di vita per l’ultima staffetta partigiana STORIE SOTTO L'ALBERO

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Un secolo di vita per l’ultima staffetta partigiana STORIE SOTTO L'ALBERO
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Anna la rossa, la pasionaria. Anna e il suo Campari quotidiano. Una fiamma ardente che continua a bruciare anche a 100 anni di età. Anna Ferrario, l’ultima staffetta partigiana di Appiano Gentile, storia fatta impegno vivo, ha compiuto un secolo di vita martedì. Ancora completamente autonoma, vive nella sua casa al Monte Carmelo, non distante dalla zona dove sorgeva il «monastero»: l’abitazione che, da ragazza, tra riunioni clandestine di partigiani, volantini del Partito comunista e armi nascoste sotto terra, l’ha vista protagonista della Resistenza.

Un secolo di vita per l’ultima staffetta partigiana

Una figura cardine negli anni del secondo conflitto mondiale e del Dopoguerra. Apprezzata e conosciuta, proprio martedì mattinaè stata festeggiata in Municipio dal primo cittadino Giovanni Pagani, dal suo vice Fulvia Pagani, dagli assessori Pasquale Vergottini e Fabrizio Rusconi e da tanti amici. Presenti anche gli ex sindaci Achille Tettamanzi e Giuseppe Taiana. Per lei, in dono, una calla, ovviamente rossa, e un biglietto di auguri realizzato a mano dal pittore Erminio Guzzetti. «Buon compleanno. Buon centenario, a te, indomita Anna, che sei una amica e una donna speciale», la frase scritta a impreziosire un suo «ritratto» mentre sventola una bandiera rossa con falce e martello. Indomita, sempre, nonostante l’età. E lucidissima nel ripercorrere quegli anni difficili in cui fiorivano legami, amicizie e voglia di uguaglianza. Di libertà. «Faccio ancora le mie cose, adagio adagio - racconta Anna - Al posto di un’ora ce ne metto tre, ma almeno resto in movimento». Il segreto della sua lunga vita? La cassoeula e il Campari. «Mi tengo impegnata con un po’ di ginnastica e non manca mai il mio aperitivo quotidiano con il Campari: tutti i giorni prima di pranzare». Iscritta al Partito comunista dal 1945 sino allo scioglimento, ha iniziato il suo impegno politico quasi per caso. «Mio fratello Luigi lavorava a Sesto San Giovanni ed è stato lui ad avvicinare me e mia sorella Tecla alla politica: prima non sapevamo nemmeno cosa fosse il comunismo. Allora avevo 25 anni: arrivavano i volantini da Milano e li distribuivamo in paese. Gli altri miei fratelli (Carlo, Giuseppe, Pierino e Giosuè, ndr), invece, erano a militare». Anni trascorsi a fare propaganda in sella alla sua bicicletta e come staffetta partigiana, portando viveri, soldi e medicinali alla 52esima Brigata Garibaldi «Luigi Clerici». Alternando l’impegno politico al lavoro in tessitura a Lurate Caccivio. «I partigiani, tra cui Lino Frangi, si riunivano anche a casa nostra ed eravamo costantemente controllati dalle Brigate nere di Saletta, vicequestore e capo politico: un’ispezione ogni 15 giorni. Le milizie tedesche cercavano le armi sul campanile della chiesa del Monte Carmelo: noi le tenevamo nascoste in cantina, in una buca, coperte dalle patate. C’erano 300 bombe ad alto potenziale esplosivo, una mitraglia e un cannone». Centinaia gli aneddoti a tracciare il filo rosso della sua vita. Come quando Anna - nome di battaglia Gabriella - il giorno della Liberazione, arrivò in Municipio insieme a Cesare Rampoldi, detto il Varesa, noto partigiano e comunista, e lui le mise il mitra al collo. Lo stesso giorno che a Frangi, per sbaglio, partì un colpo dalla sua arma e morì. «Tante cose sono cambiate. Per me il comunismo rappresentava l’uguaglianza, l’aiuto rivolto agli altri. Con il passare del tempo, però, ne sono rimasta delusa: troppe differenze, troppe divisioni. Ancora oggi, invece, è necessario rimanere uniti».

(Giornale di Olgiate, sabato 8 agosto 2020)

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