l'intervista

Cermenate, un mare di tonno: Rio Mare rende Como prima provincia per export di pesce lavorato in Italia

Sostenibilità e tracciabilità: intervista a Luciano Pirovano, Global Sustainable Development Director Bolton.

Cermenate, un mare di tonno: Rio Mare rende Como prima provincia  per export di pesce lavorato in Italia
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Tre milioni di scatolette di tonno sott’olio al giorno. E’ questa l’eccezionale produzione che viene realizzata quotidianamente nello stabilimento di Cermenate di Rio Mare, marchio di proprietà del colosso internazionale Bolton. Il Gruppo, che fattura 2,8 miliardi di euro all’anno di cui il 43% dal settore alimentare, oltre a Rio Mare commercializza Simmenthal, Palmera, Omino Bianco, Wc Net, Borotalco, Chilly e Bilboa, solo per citare alcuni dei marchi più conosciuti.

Rio Mare rende Como prima provincia per export di pesce lavorato in Italia

Quello che nel 1965 è nato a Cermenate, oggi con i suoi 50mila metri quadrati di superficie e i 600 dipendenti impegnati, è il più grande e moderno stabilimento per la lavorazione del tonno in Europa. Nel capannone al confine con Lentate sul Seveso, infatti, il prodotto di punta è ovviamente la tradizionale scatoletta rosa del tonno sott’olio, ma vengono prodotte anche le Insalatissime, ormai celebri insalate a base di cereali e verdure in scatola introdotte negli anni Ottanta, così come Insalate filo d’olio, Extravergine, Per Pasta, Con Gusto e i Filetti di Salmone. Tutto ciò rende la provincia di Como la prima in Italia per export di pesce lavorato, malgrado si trovi a centinaia di chilometri dal mare.

Ne abbiamo parlato con Luciano Pirovano, Global Sustainable Development Director di Bolton Food.

L'intervista

Come è possibile questo primato della provincia di Como?

«Quello di Cermenate è uno stabilimento unico al mondo. Dalla metà degli anni Novanta non arriva più il tonno intero da lavorare bensì quelli che noi chiamiamo filettoni, tranci di tonno già pulito, congelato e sottovuoto. Questo ci ha permesso di non perdere il gusto unico del nostro tonno da una parte ma di razionalizzare e far funzionare meglio la filiera».

Come funziona la vostra filiera?

«Quello che c’è nelle nostre scatolette è tonno tropicale che si pesca principalmente in Ecuador, Indonesia e Isole Salomone. Lì ci sono gli stabilimenti di prima trasformazione, dove il tonno viene pulito appena pescato, viene tagliato in filettoni, congelato e spedito a Cermenate. Qui i nostri dipendenti aprono i filettoni e li mettono sulla linea per essere inscatolati, rigorosamente sotto olio d’oliva di cui siamo i maggiori utilizzatori a livello industriale in Italia. Questa filiera ci permette di mantenere un gusto e una qualità alti e costanti: per noi produrre in Italia e in particolare a Cermenate è fondamentale perché ci permette di essere vicini al nostro mercato».

Investite molto, quindi, sul sito di Cermenate?

«Ne siamo davvero molto orgogliosi perché è efficiente e sempre più moderno. Facciamo investimenti per milioni di euro costantemente. Recentemente abbiamo aperto la terza linea di produzione per le Insalatissime che funzionano molto bene non solo in Italia ma anche all’estero. Così come il nostro tonno sott’olio. Noi facciamo valere il made in Italy nel mondo; anche grazie alla nostra presenza, in Italia il tonno sott’olio ha un’elevata qualità generale ma all’estero i mercati sono prevalentemente di bassa qualità con tonno in acqua o olio di semi. Per questo il nostro claim pubblicitario all’estero è “real italian taste”».

L’export quindi per il vostro fatturato è fondamentale?

«Rio Mare è il marchio numero uno in Europa e il secondo al mondo. In Italia siamo presenti nelle dispense di una famiglia su due perché abbiamo una penetrazione in famiglia di circa il 50%. Quello che vendiamo all’estero vale il 55% ma siamo in crescita: l’export puro come Bolton International vale il 30%. In alcuni Paesi come Grecia, Ungheria e Slovenia deteniamo il 50% del mercato».

Rio Mare da anni si vanta di una filiera completamente tracciabile. Come è possibile?

«Nella visione della nostra azienda non c’è sostenibilità senza una filiera tracciabile e trasparente. E’ fondamentale per la sicurezza alimentare. In questi anni abbiamo lavorato moltissimo per combattere la pesca illegale e per farlo serve anche la tracciabilità. Così abbiamo sviluppato un sistema basato su IBM cloud con una mole di dati incredibile, ogni cliente può conoscere l’intera storia di ogni lattina che acquista: il tipo di pesce, dove e da chi è stato pescato, con quale metodo, quando, semplicemente andando sul nostro sito».

Lei ha parlato di una produzione di più di 3 milioni di scatolette di tonno al giorno. E’ sostenibile per i nostri oceani?

«Il tonno non si alleva, il suo utilizzo si basa ancora sulla caccia. La natura ogni anno produce circa 5 milioni di tonnellate di questa specie, è il massimo che possiamo ottenere. Bolton lavora alla sostenibilità da molto prima che divenisse di moda, fin da quando venne fondata la International Seafood Sustainability Foundation (ISSF) con l’obiettivo di interfacciarci con gli stakeholders ambientalisti e per avere un supporto scientifico adeguato alle sfide. Gli oceani sono divisi in zone e i report ci dicono che il 13% è sovrasfruttato. Oggi la situazione non è drammatica ma servono correzioni per queste aree. Sul lungo periodo la crescita non deve essere a volume bensì a valore. Il tonno è un pesce resiliente ma sentiamo la responsabilità di proteggerlo e con la Fondazione lavoriamo per emettere best practices che possano utilizzare tutte le aziende del settore».

Ci fa qualche esempio?

«Tramite la ISSF, l’organizzazione di cui siamo membri fondatori, vengono investiti 10 milioni di dollari all’anno per la ricerca. Negli ultimi anni la tecnologia è stata fondamentale, soprattutto per migliorare la pesca selettiva. Con il WWF ad esempio abbiamo messo a punto il progetto “Insieme per gli oceani”, un programma di educazione alla sostenibilità dedicato ai bambini delle scuole primarie. Nel 2020 abbiamo raggiunto il 70% di pesca certificata MSC (nel rispetto di pratiche di pesca ecosostenibili, ndr) e per il 2024 vogliamo raggiungere il 100%».

Sostenibilità però non è solo ambientale ma anche sociale.

«E’ verissimo. La filiera del tonno, essendo di carattere internazionale, è assimilabile per caratteristiche a quella del cacao o del caffè. Soprattutto perché incidono su Paesi in via di sviluppo ed è fondamentale certificare l’assenza di abusi sui fornitori. Per questo nel 2020 abbiamo firmato una partnership di 4 anni con Oxfam per la creazione di un codice etico. Analizzeremo le filiere di Ecuador, Marocco e Indonesia, ovvero le più grandi per noi, per capire se ci sono distorsioni e come è possibile migliorarle».

E a livello di welfare aziendale nel sito produttivo di Cermenate?

«I nostri dipendenti hanno da tempo un welfare importante che va dagli aiuti alle famiglie per l’istruzione dei figli ai pacchetti integrativi per la salute. Inoltre lavoriamo per migliorare costantemente l’ambiente di lavoro e aumentare la presenza femminile. Con il progetto “Valore D” ad esempio vogliamo portare almeno al 40% la presenza femminile in ruoli di top manager ma anche confermare la gender pay equality».

Stephanie Barone

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