l'intervista

Miglior manager delle risorse umane, vince il canturino Di Marco

Direttore delle HR in Pellegrini SpA, ha ottenuto il riconoscimento per un "accordo molto innovativo che abbiamo fatto sul trattamento dei rider"

Miglior manager delle risorse umane, vince il canturino Di Marco
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Un riconoscimento importante che premia il lavoro, ma anche la lungimiranza e la passione con cui lo si svolge. Per la seconda volta consecutiva il canturino Vincenzo Di Marco è stato premiato nella categoria Relazioni Industriali nel contest "Hr Mission 2022", lanciato da Aidp - Associazione Italiana per la Direzione del Personale - e dalla Fondazione Aidp. Il riconoscimento intende premiare le "best practice" nella gestione delle risorse umane, pubblicate poi su Capital.

Miglior manager delle risorse umane, vince il canturino Di Marco

Di Marco è direttore Risorse umane, Organizzazione e Sicurezza sul lavoro di Pellegrini Spa, vero colosso della ristorazione che attualmente conta quasi 10mila dipendenti e 700 clienti.

"E’ un premio che viene attribuito biennalmente e sono stato fortunato perché l’ho vinto per la seconda volta consecutiva - racconta il manager canturino - I riconoscimenti vanno a quattordici categorie e quella per cui ero in lizza io era quella delle Relazioni Industriali, quindi una delle più importanti. Vengono scelti dei progetti che per ogni specifica categoria possono essere particolarmente innovativi o impattanti o anche delle best practice. Quest’anno non volevo partecipare, ma il mio gruppo di lavoro ci teneva e quindi abbiamo deciso di presentare il progetto. Mi ha fatto poi particolare piacere sapere che l’ex ministro Sacconi ha dato il voto più alto a noi, ed è un grande onore".

Il progetto presentato ha una finalità ben precisa: "Riguarda un accordo molto innovativo che abbiamo fatto sul trattamento dei rider. In sostanza abbiamo creato un accordo di secondo livello che ha condizioni estremamente migliorative rispetto alle altre società che ci sono sul mercato. Una delle società di Pellegrini, l’ultima entrata nel nostro gruppo, è una piccola società di delivery completamente italiana e quindi abbiamo voluto distinguerci in modo positivo rispetto a quello che fanno le multinazionali del settore".

Non è stato facile, per Di Marco e i suoi collaboratori, trovare il giusto equilibrio: "E’ vero, ho parlato infatti di un corto circuito normativo, perché la giurisprudenza va in un senso e i contratti in un altro: la giurisprudenza spingerebbe ad assumere tutti i rider ma in realtà i rider non vogliono essere assunti, nel senso che preferiscono avere una paga oraria più alta senza contributi piuttosto che il miraggio di una pensione. Ecco, noi abbiamo cercato di avvicinare queste due esigenze".

Un tema comunque molto attuale, visto che proprio nei giorni scorsi è scoppiato il «caso» del rider costretto a fare 50 chilometri in bicicletta per consegnare un panino: "Questo da noi non potrebbe succedere, perché un tema fondamentale è proprio la sostenibilità del business. Però deve essere anche chiaro che il consumatore deve accettare un piccolo sovrapprezzo, perché è con quello che si paga il servizio. Diversamente si pretende un panino, a casa propria, in tempi brevi e magari senza pagare nulla in più: il rider chi lo paga?".

Essendo direttore Risorse umane di un’azienda così importante, Vincenzo Di Marco accetta di buon grado anche di offrirci una panoramica più a 360 gradi sul mondo del lavoro e in particolare sui giovani che cercano un’occupazione. Ma è vero che i ragazzi oggi non vogliono più un lavoro fisso? "Una delle eredità che ci ha lasciato la pandemia è proprio una riscrizione del paradigma del rapporto tra la persona e il lavoro. Sono emerse due esigenze: la prima è la voglia di cambiamento, che ha pervaso la vita lavorativa ma anche quella personale. Tanti ragazzi hanno lasciato l’università o hanno deciso di cambiare facoltà, c’è stato il fenomeno delle grandi dimissioni, anche senza avere un’alternativa... Queste generazioni sono figlie di chi ha inseguito il posto fisso per una vita e loro di contro vogliono la libertà di una maggior flessibilità. Quindi, non cerco il lavoro della vita ma un lavoro che si adatti al meglio alla mia vita. E quindi tutto cambia completamente, perchè le aziende fanno fatica a fidelizzare i nuovi assunti".

Una fatica che, ovviamente si sente pure nelle grandi aziende. Anche se gli accorgimenti messi in campo sono tanti: "Abbiamo diverse linee di business e alcune non sono molto attrattive per i giovani, però abbiamo introdotto alcuni accorgimenti per portarli da noi. Per esempio lo smart working, che è una leva importante per i ragazzi ma molto meno per le persone di una certa età, che amano stare in presenza. E poi cerchiamo di andare loro incontro con la formazione e una narrazione aziendale importante: la nostra storia e i nostri valori sono fortunatamente attrattivi. E poi è importante ascoltare, sempre".

Isabella Preda

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