ECCELLENZE LECCHESI

Rodacciai firma il Mose e la statua di Libeskind

La multinzionale di Bosisio Parini occupa 1.100 addetti, produce 350 mila tonnellate di acciaio e fattura 600 milioni di euro.

Rodacciai firma il Mose e la statua di Libeskind
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L’acciaio per le casseforme delle paratie del Mose di Venezia e la struttura della bellissima statua sul lago di Como di Libeskind sono “Made in Rodacciai”.

Rodacciai firma il Mose e la statua di Libeskind

Il colosso lariano è leader nella produzione e distribuzione di acciai automatici, acciai legati, acciai inox e acciai al carbonio per i settori automotive, oil & gas, aeronautico, oleodinamico, biomedicale e alimentare. Rodacciai fa parte del gruppo Rodasteeel, una multinazionale che fattura 600 milioni di euro consolidati, pari a circa 350.000 tonnellate di prodotti finiti a freddo nei suoi stabilimenti di Bosisio Parini, Sirone e dell’acciaieria Olarra di Bilbao. La rete distributiva comprende 24 filiali sparse nel mondo, dove lavorano complessivamente 1.100 persone. «Dove le grandi acciaierie si fermano iniziamo noi: loro vendono un semiprodotto, la billetta è la nostra materia prima perché la vergella la produciamo noi. Nel nostro laminatoio, una scelta strategica fatta da papà Giuseppe e che ci ha permesso di diventare grandi», spiega Gianluca Roda, 61 anni, comasco tutto d’un’pezzo, un imprenditore sincero, appassionato: «È un mestiere bello, tecnico: non è facile produrre acciaio, ma è un mestiere accattivante».

Come si costruisce un campione dell’acciaio? Un gruppo che oggi rappresenta il Made in Italy della manifattura perché il suo prodotto è molto apprezzato per qualità, innovazione e persino capacità di customizzarlo.

«Continuando a innovare e investire. Il merito va prima di tutto a papà Giuseppe, scomparso nel 2007. Quando aprì l’attività nel 1956 erano gli anni della ricostruzione: per avere successo servivano idee, iniziativa e grande intraprendenza. E io ho avuto la fortuna di lavorare spalla a spalla con papà per vent’anni e poi raccogliere il testimone per guidare l’azienda. Rodacciai si è consolidata anno dopo anno soprattutto dalla fine del secondo millennio. Nel 1990 lavoravamo 150.000 tonnellate di acciaio e fatturavamo 100 milioni di euro; oggi produciamo 280.000 tonnellate e fatturiamo 400 milioni di euro».

Rodacciai è nota soprattutto per la produzione degli acciai inossidabili e acciai automatici.

«Di automatici ne produciamo 160.000 tonnellate all’anno e in questo settore siamo leader in Italia con il 60% del mercato e in Europa con una quota del 30%».

La sua è una realtà storica, dove la famiglia mantiene una forte presenza, ma con un coinvolgimento manageriale molto diffuso. Che rapporti ha con il management?

«Ottimi. Sono tutti manager che ho scelto in prima persona perché ho avuto la fortuna di traghettare l’azienda dal vecchio al nuovo management a partire dall’inizio del terzo millennio. È stato un processo affrontato con lucidità con l’obiettivo di ringiovanire le figure apicali e di guardare al futuro. Il nuovo management ha una marcia in più, mi capisce meglio e mi perme di concentrarmi sulle scelte strategiche. È anche grazie a questa piccola rivoluzione che abbiamo introdotto in azienda molte innovazioni».

Quali?

«Innanzitutto l’Academy che da sette anni, ogni anno, ha come obiettivo di formare i ragazzi che poi entrano in azienda con percorsi per rafforzare competenze tecniche ma anche soft skills. Fino ad oggi sono quasi 150 i giovani talenti entrati in Rodacciai grazie a questa opportunità. Poi l’Academy si è evoluta e abbiamo dato vita a RoadJob perché la difficoltà di reperire manodopera specializzata è un tema che interessa molte aziende manifatturiere. L’obiettivo è di rendere attrattive le professioni tecniche e le eccellenze dei distretti industriali. In questa nuova sfida abbiamo raccolto la collaborazione di 18 aziende e molte scuole, soprattutto tecniche, delle province di Lecco, Como, Monza e Brianza».

Un’azienda che fa metalmeccanica pesante può anche essere attenta all’ambiente?

«Sì. Da un anno abbiamo introdotto il bilancio di sostenibilità. Il mercato richiede prodotti sempre più green, riduzione di consumi, di energia e di acqua; dobbiamo abbattere le emissioni di Co2 e limitare i rifiuti. L’attenzione all’ambiente e alla sostenibilità sta crescendo e su questo fronte stiamo facendo molti investimenti, non solo nel laminatoio: vogliamo vendere barre di acciaio con la minore quantità possibile di componenti tossici. I nuovi impianti hanno una combustione migliore, funzionano anche con l’idrogeno, e riusciremo a produrre acciai migliori. La ricerca sta facendo grandi progressi e sono ottimista. Abbiamo da poco aperto un nuovo laboratorio di 600 mq».

Con quale obiettivo?

«Studiare nuovi prodotti per alzare il livello qualitativo rispetto ai competitor internazionali con i quali ci confrontiamo. Grazie al lavoro svolto nel nuovo laboratorio abbiamo messo a punto la Roda Custom Line nella quale crediamo molto e ci permette di stare un passo avanti».

In cosa consiste?

«È un plus che solo noi garantiamo ai clienti offrendo loro performance certificate superiori agli standard e la possibilità di personalizzare il prodotto con sette diverse lavorazioni sulla stessa barra di acciaio. Abbiamo investito oltre 10 milioni di euro per adeguare gli impianti solo per questa novità. E tutto ciò non incide minimamente sul costo finale, perché noi dobbiamo vendere qualità: è un regalo che facciamo ai nostri clienti. Vogliamo alzare l’asticella del mercato perché questa è un’esigenza che abbiamo riscontrato parlando direttamente con i clienti, che sono circa 3.500».
In azienda è entrata la terza generazione con i suoi figli Andrea, 31 anni, e Giorgio, 27 anni. Il passaggio generazionale è assicurato?
«Diciamo che è ben avviato. Andrea si occupa della parte commerciale, mentre Giorgio si occupa di gestionale e operation. Sono entrambi sposati e si sono ben inseriti. Sono poche le aziende che arrivano alla terza generazione e sono solide e organizzate come la nostra».

Come ha trascorso il 2020 dominato dalla pandemia?

«Siamo stati fermi a marzo e aprile, poi siamo ripartiti. L’automotive è arrivato più tardi, mentre l’oil & gas deve ancora riprendere ma siamo fiduciosi. Nel 2019 avevamo registrato le prime difficoltà  del mercato per il rallentamento dell’automotive, ma nel 2020 abbiamo perso il 30% del fatturato rispetto l’anno d’oro, il 2018. I primi segnali di ripresa li avevamo già visti alla fine dell’anno scorso, adesso invece stiamo viaggiando a ritmi superiori del 30% alla media e sono molto fiducioso per l’andamento del 2021 ma anche del 2022».

Si può lavorare in sicurezza nel bel mezzo del Coronavirus?

«Certamente. Il distanziamento per noi non è un problema, costantemente sanifichiamo gli ambienti di lavoro e abbiamo dotato tutto il personale dei dispositivi per lavorare in sicurezza. Abbiamo assicurato a tutti i dipendenti test sierologici e tamponi. Appena ci sarà permesso siamo pure disponibili a vaccinare tutti i collaboratori e i loro famigliari».

Che rapporto ha con i suoi collaboratori?

«Buono. Abbiamo sempre trovato una quadra. C’è un buon dialogo, fanno bene la loro parte, capiscono le esigenze dell’azienda, che il loro stipendio deriva dal prodotto che fanno e che dobbiamo creare ricchezza insieme. Se l’azienda sta bene e produce reddito, investe, sta al passo con la concorrenza e può continuare a guardare con fiducia al futuro».

Come valuta il forte aumento delle materie prime di questi ultimi mesi e quali ripercussioni ha creato

«Quest’anno il nickel ha toccato il massimo storico dal 2011, il rottame è cresciuto del 50%… La speculazione centra poco, è un fenomeno normale associato alla ripresa, soprattutto della Cina che è uscita dalla pandemia prima di tutti e che ha un grande bisogno di materie prime; i prezzi solo saliti enormemente. Siamo abituati agli alti e bassi: il nostro è un settore molto ballerino con variazioni del 30% da un anno all’altro. Bisogna avere le spalle grosse, ma soprattutto stare sul pezzo tutti i giorni: se fai tre giorni di vacanza in più li paghi…».

La sua è una bella azienda, ha mai ricevuto un’offerta irrinunciabile? I fondi sono a caccia di aziende patrimonializzate e leader di mercato…


«Fondi? Vogliono investire, guadagnare in fretta e vendere… Non è presente nessun fondo nella compagine azionaria delle società che si occupano di acciaio».

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