Orsenigo (PD) sulla sanità comasca: "La provincia porta i segni di un sistema sanitario regionale che ha abbandonato i cittadini"
"I problemi sono gli stessi di sempre e sono generati da una medicina di territorio prima smantellata con la riforma del 2015 e poi messi in piena luce dalla pandemia"
Una disamina dura e che mette Como di fronte all'attuale situazione sanitaria sul suo territorio: questo quanto fatto dal consigliere regionale Angelo Orsenigo, che ha voluto sottolineare nuovamente gli argomenti trattati durante l'incontro di venerdì scorso, ovvero la visita del candidato Pierfrancesco Majorino a Como.
Orsenigo (PD) sugli attuali problemi della sanità comasca
“La provincia di Como porta tutti i segni di un sistema sanitario regionale che ha abbandonato i cittadini: 74 medici di base mancanti, mesi e mesi per una visita medica specialistica con il pubblico, pronto soccorso sovraffollati. Come se non bastasse, nonostante sia ormai passato un anno dall’approvazione della riforma in consiglio regionale, delle numerose strutture promesse dalla Regione, solo due sono state attivate: la Casa di comunità in via Napoleona a Como e l’Ospedale di Comunità di Mariano Comense”, è un quadro a tinte fosche quello che Angelo Orsenigo, consigliere regionale del Pd, dipinge della sanità comasca.
“I problemi sono gli stessi di sempre e sono generati da una medicina di territorio prima smantellata con la riforma del 2015 e poi messi in piena luce dalla pandemia. La problematica delle liste d’attesa è uno dei nodi più urgenti da risolvere a Como e in tutta la regione. I lombardi spendono due miliardi e mezzo di euro all’anno in media di spesa per visite mediche private. Ritenere, come hanno fatto Fontana e Moratti, un successo 11mila prestazioni fatte nelle ore serali o festive rispetto ai milioni erogate ogni anno è un insulto per i cittadini”, incalza Orsenigo.
E oltre alle attese infinite nei pronto soccorso al Sant’Anna di San Fermo e al Sant’Antonio Abate di Cantù, mancano addirittura i posti letto nei reparti.
"Questo perché, fa presente il consigliere Pd, tra il cittadino e l’ospedale dovrebbe esserci una rete di presa in carico diffusa e capillare, con quelle case e ospedali di comunità richiesti da Ministero della Salute e Agenas. Eppure, a oggi, le aperture vanno a rilento e spesso l’intervento si riduce a una mano di vernice e a una nuova insegna su vecchi presidi”.