Salute e benessere

Artrosi al ginocchio, come curarla preservando l’articolazione

Il dottor Andrea Elli, ortopedico all’Istituto Clinico Villa Aprica, ci parla della chirurgia conservativa e di una particolare tecnica: l'osteotomia

Artrosi al ginocchio, come curarla preservando l’articolazione
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Il ginocchio è certamente una delle articolazioni messe più alla prova. Diversi motivi ne possono provocare l’artrosi e spesso diventa necessario l’utilizzo di una protesi. È importante però che questa resti l’ultima spiaggia e si cerchi di risolvere il problema in altri modi, ad esempio con la chirurgia conservativa: perché è sempre meglio tenersi il proprio ginocchio se possibile.  Lo conferma il dottor Andrea Elli, ortopedico presso l’Unità Operativa di Ortopedia II all’Istituto Clinico Villa Aprica di Como.

Artrosi al ginocchio, come curarla preservando l’articolazione

Dottor Elli, parliamo di artrosi del ginocchio: che cos’è?

"L’artrosi del ginocchio è una patologia degenerativa, quindi cronica, che va a colpire la cartilagine articolare, in questo caso del ginocchio, causandone una progressiva usura. I sintomi sono, innanzitutto, il dolore, che può essere di diversa intensità: di norma inizialmente lieve ed episodico fino ad arrivare a un dolore continuo e invalidante. Insieme al dolore si sviluppa anche la rigidità, la riduzione del movimento e il gonfiore dell’articolazione".

Perché si sviluppa l’artrosi?

"I motivi per cui si verifica possono essere svariati. Di solito è causata da un problema meccanico, spesso micro-traumatico che non viene percepito ma che alla lunga provoca un danno a livello della cartilagine. Talvolta, invece, alla base vi può essere un trauma vero e proprio come una frattura. In altri casi, l’artrosi può essere causata da un processo infiammatorio, che di norma inizia colpendo la membrana sinoviale (il tessuto all’interno dell’articolazione responsabile della produzione del liquido sinoviale) e poi si diffonde alla cartilagine causandone un progressivo e rapido deterioramento, come succede nelle forme su base reumatica. Possiamo definirla una malattia 'universale' perché nessuno ne è effettivamente esente, tuttavia vi sono alcuni fattori che ne aumentano l’incidenza quali l’età, le attività fisiche intense (lavorative o sportive), gli eventi traumatici, le condizioni di malallineamento degli arti inferiori, come il ginocchio varo o valgo, e alcune malattie metaboliche come il diabete e la gotta".

Come si affronta?

"Il campanello d’allarme di solito è il dolore, che porta poi il paziente a riferirsi a uno specialista. In ambito terapeutico, come per molte altre problematiche, la soluzione migliore sarebbe quella di prevenire l’artrosi, ma non sempre ciò è facile da realizzare. La prevenzione avviene attraverso l’educazione del paziente, attraverso la modifica di quei fattori di rischio su cui è possibile intervenire: adottare uno stile di vita sano, svolgere un’attività fisica corretta, evitare sovraccarichi, controllare il peso corporeo, sono alcuni di essi".

Il dottor Andrea Elli

E quando viene diagnosticata l’artrosi?

"Una volta che viene diagnosticata l’artrosi, lo specialista consiglierà, se possibile, una terapia antinfiammatoria per via orale e un percorso riabilitativo/fisioterapico. Negli stadi iniziali e moderati le terapie infiltrative spesso riscuotono un grande successo in termini di riduzione del dolore e miglioramento del movimento. Tali terapie si basano sull’iniezione all’interno dell’articolazione di determinate sostanze o principi attivi, tra cui i principali sono il cortisone e l’acido ialuronico. Una soluzione interessante, su cui oggi si punta molto in ambito di ricerca, e che può in alcuni casi aiutare è la medicina rigenerativa, anche se in tale ambito gira purtroppo ancora tanta disinformazione… Quando queste terapie non funzionano o siamo di fronte ad una condizione patologica che può far rapidamente deteriorare l’articolazione è giusto considerare la chirurgia".

Quindi parliamo di protesi?

"La protesi è la scelta giusta da adottare nei casi più severi di artrosi. È importante che venga riservata a tali casi, perché la sostituzione di un’articolazione con l’impianto di una protesi è vero che aiuta a togliere il dolore ma purtroppo, ad oggi – nonostante l’evoluzione delle tecnologie e dei materiali – soprattutto per quanto riguarda il ginocchio, non è ancora in grado di restituire a tutti i pazienti la sensazione di un ginocchio naturale, lasciando così una certa insoddisfazione, che aumenta nelle persone molto attive".

Allora cosa si può fare?

"È importante rispettare la regola del 'primum non nocere', cioè del tentare sempre di trovare la soluzione meno invasiva possibile. Se si valuta la necessità dell’intervento chirurgico è d’obbligo puntare alla massima conservatività. La chirurgia conservativa, comprende tutte quelle procedure volte a trattare una problematica cercando di preservare le strutture anatomiche danneggiate, riparando invece che sostituendo. Nel nostro caso l’obiettivo ultimo è di preservare l’integrità e la funzionalità del ginocchio nativo. La chirurgia conservativa si può avvalere di procedure artroscopiche, ovvero effettuate con tecnica mini-invasiva, attraverso l’inserimento di una piccola telecamera in articolazione come nel trattamento delle lesioni meniscali o nelle ricostruzioni dei legamenti crociati, oppure di tecniche che prevedono incisioni più ampie come nelle osteotomie o nell’impianto di protesi monocompartimentali".

Voi praticate una particolare tecnica chirurgica, l’osteotomia...

"Sì, si tratta di una tecnica conservativa che ritengo molto valida nel ritardare l’evoluzione artrosica del ginocchio. La chirurgia osteotomica permette - attraverso il taglio della tibia o del femore, in alcuni casi di entrambe le ossa - la correzione di quei quadri in cui vi è un malallineamento degli arti inferiori responsabile di un’usura precoce della cartilagine. Questi malallineamenti, noti più come ginocchio varo 'a parentesi' e ginocchio valgo 'a X', sono molto frequenti, e mentre nei giovani sono di norma tollerati, negli adulti possono diventare responsabili di dolore invalidante con conseguente limitazione nelle attività lavorative o ricreative. Andando perciò a correggere l’allineamento dell’arto, riportando la gamba 'dritta', possiamo togliere il dolore semplicemente decomprimendo la parte più usurata. Un altro vantaggio di questa tecnica è che può essere associata ad altre procedure, come interventi di riparazione del menisco, della cartilagine o di ricostruzione di un legamento lesionato dato che spesso ci sono più fattori che vanno corretti insieme. L’osteotomia permette ai pazienti di tornare rapidamente a svolgere le normali attività, col tempo anche sportive, senza più dolore e avendo conservato il proprio ginocchio naturale: con un ricovero di 2-3 giorni e una breve convalescenza, nell’arco di un mese si abbandonano le stampelle".

Una tecnica che può essere usata anche se necessaria la protesi?

"Il più delle volte viene usata per forme non severe di artrosi, permettendo di evitare la protesi o di posticiparla anche di 10-15 anni. In quei casi in cui vi è già un’usura completa della cartilagine articolare, quando abbiamo una cosiddetta artrosi 'bone to bone', ovvero osso contro osso, è giusto che l’osteotomia, salvo casi selezionati, sia abbandonata a favore di un impianto protesico, parziale o totale".

Come avviene l’intervento e quanto durano gli effetti?

"Prima dell’intervento vengono effettuate delle semplici radiografie, si calcola di quanto va corretto il ginocchio, arrivando in sala operatoria con un planning ben definito sulle caratteristiche del paziente. Una volta effettuato il taglio dell’osso inseriamo una placca con delle viti per tenere la posizione desiderata dei frammenti ossei e nei giorni successivi si inizierà un breve percorso riabilitativo per tornare a muoversi naturalmente come prima. Le placche, solitamente, dopo un anno vengono tolte con un piccolo intervento, perché sottopelle possono dare un certo fastidio. Dopo 15 anni dall’osteotomia 8 pazienti su 10 non hanno bisogno di altri interventi".

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