Cessione del quinto: il finanziamento può essere richiesto anche dai medici?

Cessione del quinto: il finanziamento può essere richiesto anche dai medici?
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La cessione del quinto è un tipo di prestito personale previsto dalla normativa italiana. Il nome deriva dal fatto che il finanziamento viene estinto mediante la trattenuta di una parte di stipendio o pensione fino a un quinto degli stessi, al netto delle ritenute. È quindi una soluzione particolarmente apprezzata da chi necessità di una somma di denaro in tempi non eccessivamente lunghi. Le tempistiche per l’erogazione di questo prestito sono infatti piuttosto brevi.

Possono chiedere la cessione del quinto i lavoratori dipendenti, statali e del settore para-statale, e i lavoratori di aziende private. Pure i pensionati possono avere accesso a questa tipologia di finanziamento ed anche i medici possono richiederla per potersi garantire condizioni vantaggiose, difficili da ottenere con altri prestiti.

Si parla di chi rientra tra i medici convenzionati, in particolare: biologi con iscrizione all’ENPAB; pediatri o medici che siano iscritti all’ENPAM; farmacisti iscritti all’ENPAF; psicologi che siano iscritti all’ENPAP. Anche i veterinari sono contemplati, purché iscritti all’ENPAV. I medici convenzionati protestati o cattivi pagatori devono avere un contratto a tempo indeterminato e aver lavorato per almeno 12 mesi.

Inoltre, esiste anche l’alternativa della delega di pagamento che va ad affiancarsi alla cessione del quinto con la rata massima che non può andare oltre il 40% dello stipendio. Per ottenere questo tipo di finanziamento bisogna avere una minima anzianità di lavoro (6 mesi). Il rimborso avviene sempre tramite rate mensili che ammontano fino a un quinto dello stipendio. Per altro, in virtù della convenzione con NoiPA, si possono avere tassi d’interesse molto vantaggiosi. L’iter burocratico è, poi, molto snello.

Caratteristiche e vantaggi

La cessione del quinto per medici convenzionati presenta una serie di caratteristiche. Si pensi che, per esempio, la si ottiene senza specificare come verrà impiegato il denaro. Inoltre, l’importo massimo erogabile dipende dallo stipendio di chi ne fa richiesta e la rata, che non può eccedere il quinto (20%) dello stipendio stesso, verrà addebitata sulla busta paga. Questo può essere un elemento non da poco poiché solleva dall’incombenza di andare a pagare mensilmente il bollettino e, per altro, non si rischia di dimenticarsi. La durata massima del finanziamento è di 10 anni. Il doppio quinto può essere consigliabile se si ha in mente un grosso progetto per il quale spendere il denaro, essendo il piano di ammortamento di 120 mesi.

Il prestito non richiede garanti. Il datore di lavoro, quindi l’amministrazione pubblica, fungono da garanzia adeguata per la banca. Ecco perché, in generale, la cessione del quinto, se si è in possesso dei requisiti, non è difficilissima da ottenere. È il datore di lavoro che procede al rimborso, prelevando le rate dallo stipendio.

La cessione del quinto per medici presuppone una serie di vantaggi. Le procedure sono veloci e non sono difficili da seguire, la rata è fissa e comprende assicurazione impiego e vita, inoltre i tempi di ammortamento sono piuttosto flessibili. Per altro, i tassi di interesse sono più economici e il finanziamento è più alto rispetto al normale prestito personale.

Come si presenta la richiesta?

Alla domanda di cessione del quinto medici convenzionati bisogna allegare alcuni documenti, come la carta d’identità, la tessera sanitaria, l’ultimo CUD e le ultime due buste paga. La richiesta andrà presentata a una finanziaria. A quel punto, l’istituto chiederà alla ASL di compilare una certificazione relativa alle competenze mensili. Queta serve a stabilire la rata massima e a calcolare il preventivo definitivo.

Se d’accordo col preventivo, si firma e una copia viene mandata all’Ufficio Convenzioni che verifica che sia tutto apposto. Si tenga presente che per ottenere una cessione del quinto occorre sottoscrivere due polizze assicurative, quella per il rischio vita e quella per il rischio impiego. Ciò serve a tutelare l’ente erogante ma anche i congiunti del richiedente, in caso di perdita del lavoro o premorienza dello stesso.

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