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"Mio marito ucciso dalla mafia", la "IV Novembre" incontra una testimone di giustizia

L’incontro si è svolto all’interno del progetto "La bellezza e l’importanza della legalità"

"Mio marito ucciso dalla mafia", la "IV Novembre" incontra una testimone di giustizia
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"Ho toccato la morte da vicino, ho visto degli uomini sparare a mio marito, uccidendolo. Non ho cercato vendetta, ma verità e giustizia".
Lunedì 11 marzo, tutte le seconde e le terze dell'istituto comprensivo "IV Novembre" di Mariano Comense, hanno ascoltato in teleconferenza le parole della testimone di giustizia, Piera Aiello.

Il progetto

L’incontro si è svolto all’interno del progetto "La bellezza e l’importanza della legalità", che ha lo scopo di spiegare ai ragazzi l’importanza dei valori civili. A introdurre Aiello è stato il professore Luca Nobile, che ha raccontato come sia stata costretta, a soli 18 anni, a sposarsi con Nicola Atria, figlio del mafioso Vito Atria.

L'agguato in pizzeria

Siamo nella Sicilia a cavallo tra gli anni 80 e 90. "Pochi giorni dopo il nostro matrimonio, a cui ero stata costretta sotto minaccia, il papà di mio marito è stato ucciso. Nicola ha giurato vendetta e ha iniziato a percorrere le orme del padre, occupandosi di droga e armi. Non ho mai accettato queste cose in casa mia, io ero cresciuta con dei valori diversi, ma tutte le volte che provavo a farlo ragionare, venivo picchiata".

La svolta, per Aiello, è avvenuta 5 anni dopo il matrimonio, quando, nel 1991, venne ucciso Nicola. "Alcuni killer sono entrati nella nostra pizzeria, io sono uscita miracolosamente illesa dall’agguato. In quel preciso momento ho deciso che tutto questo doveva finire, non volevo far crescere mia figlia in questo contesto e non volevo che ci fossero altre vittime innocenti".

L'incontro con Borsellino

Dopo l’incontro con il magistrato Paolo Borsellino, che per Aiello è semplicemente "zio Paolo", diventa testimone di giustizia, perché, pur non avendo mai partecipato agli affari mafiosi, può fornire alla giustizia informazioni importanti per proseguire le indagini. "Borsellino era una persona con cui ci si poteva confrontare e sfogare, era umile e sempre a disposizione. Poco dopo, in questo percorso si è aggiunta anche mia cognata Rita. Abbiamo portato avanti tutto mano nelle mano, non siamo mai state costrette a fare nulla, le difficoltà che esistevano ci sono state presentate da subito".

Il coraggio delle due cognate

Rita e Piera, insieme, hanno denunciato boss che trafficavano droga e armi ed erano collegati a Matteo Messina Denaro. Per farlo hanno dovuto trasferirsi e cambiare identità. Dopo la morte di Borsellino, Rita non ha retto l’ulteriore dramma e si è tolta la vita. "Per lei è stato tutto più difficile perché, a differenza mia, era cresciuta in un ambiente mafioso. Nei suoi diari scriveva che prima di combattere la mafia, serve combatterla dentro di se. Il senso mafioso - ha detto rivolgendosi ai ragazzi - non è solo quando si va a sparare alle persone, ma è anche l'omertà o girarsi dall'altra parte quando qualcuno ha bisogno di noi. Se sappiamo che un ragazzo fa uso di droga, dobbiamo tendergli la mano e aiutarlo a uscirne. Non credete ai soldi facili, ma a quelli guadagnati con sudore".

Oggi lavora in Regione Sicilia

Solo nel 2018 Piera Aiello è potuta tornare a svelare la sua vera identità, durante le elezioni politiche del 2018 che l’hanno portata a essere eletta alla Camera dei Deputati. Oggi lavora per la Regione Sicilia.

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