L'intervista

Andrea Spinelli vince il programma Intercultura a soli 16 anni: lo aspetta il Giappone

“In realtà non ho particolari aspettative. Non è per non deluderle, ma ho l’impressione che qualunque sarà l’esperienza, nelle sue imperfezioni e nei tratti difficili, resterà sempre un’importante parte della mia formazione e della mia vita"

Andrea Spinelli vince il programma Intercultura a soli 16 anni: lo aspetta il Giappone
Pubblicato:

Andrea Spinelli compirà 16 anni domani, il 29 giugno ed è un brillante studente del Collegio Gallio di Como. Dopodomani, 30 giugno sarà il suo ultimo giorno di scuola, classe seconda, visto che il calendario del Liceo Scientifico Quadriennale Internazionale si chiude a fine giugno. Ma la data importante per Andrea arriverà a metà agosto, precisamente il 17, mentre i suoi compagni saranno probabilmente al mare o in montagna, Andrea sarà su un volo per il Giappone, dove rimarrà per sei mesi.

Andrea Spinelli vince il programma Intercultura a soli 16 anni: lo aspetta il Giappone

Ha infatti vinto il programma di Intercultura per un’esperienza di studio e di vita all’estero. Insieme con altri 13 studenti del territorio comasco è stato premiato a inizio maggio in Comune dal sindaco di Como, Alessandro Rapinese. Ora, dopo l’ultima interrogazione di latino, materia che rappresenta un po’ la bestia nera di Andrea, molto più appassionato di filosofia e materie scientifiche, è il momento di programmare il viaggio nel Paese del Sol Levante, non prima di svelare ogni curiosità e retroscena di questa esperienza. Ecco la sua intervista.

Innanzitutto complimenti Andrea per avere vinto il concorso di Intercultura. Ci puoi spiegare come sono avvenute le selezioni? Tra l’altro sarai uno dei più giovani a partire, visto che hai concluso la seconda liceo.

“Sì, per il liceo quadriennale l’esperienza all’estero è prevista in terza, mentre per chi studia cinque anni in quarta. Beh prima di tutto lasciatemi dire grazie al Gallio per avermi dato la possibilità di partire!”.

Questa per te è stata un po’ una seconda casa. Hai frequentato elementari e medie tra queste mura.

“Vivo in città e i miei genitori non hanno avuto dubbi sulla scelta della scuola. Poi, quando dovevo decidere io per le superiori, ho subito puntato sullo scientifico quadriennale sempre qui al Gallio e sono molto soddisfatto della mia scelta”.

Torniamo al programma di Intercultura, come è stato il tuo iter?

“Le selezioni sono forse state la parte un po’ più macchinosa, ma nulla di esagerato. Dopo le diverse riunioni informative ho partecipato ad alcuni colloqui, sia da solo sia in famiglia. Un po’ di modulistica e burocrazia, poi sono stato poi sottoposto ad un test attitudinale, per entrare ufficialmente nel percorso di selezione. La parte più corposa è sicuramente la compilazione del fascicolo online. È fondamentale perché è anche il biglietto da visita per la famiglia che ti ospiterà. Secondo una graduatoria basata principalmente sulla media scolastica, si ha la possibilità di vincere o meno il programma. Sono stato sulle spine fino a fine gennaio, per poi ricevere infine la notizia della vittoria. Che gioia!”.

Ti ha consigliato qualcuno di provare questa esperienza?

“Ho sempre avuto il desiderio di partire, ma sono stati i miei genitori a propormi di provare con Intercultura. Ho inoltre alcuni cugini che hanno già partecipato, con destinazioni altrettanto insolite (mio cugino Davide ha passato un anno in Malesia). Mi hanno convinto ancora di più con i loro racconti e le loro storie, sperando che anch’io possa riportare a casa lo stesso entusiasmo”.

Sei stato tu a decidere la meta?

“Il fascicolo permette di selezionare fino a 10 Paesi a scelta. A seconda della posizione nella graduatoria, si riesce a ottenere la destinazione desiderata. Il Giappone, fortunatamente, era in cima alla classifica e anch’io. Cercavo qualcosa di forte, di lontano, di diverso. Il perfetto connubio fra innovazione e tradizione, con una filosofia che, a grandi linee, fosse conforme ai miei punti di vista. Penso sia proprio il loro approccio nella vita che mi affascina. Osservato in modo superficiale il popolo giapponese può sembrare a tratti triste e distaccato, ma invece nasconde una raffinatezza e una sensibilità uniche e diverse dalle nostre. Indipendentemente dal Paese scelto, credo che un'esperienza di questo tipo sia sempre in grado di arricchirti. Non esistono luoghi nel mondo migliori di altri a priori, ma solo forse più adatti a te”.

Che tipo di aspettative hai da questi sei mesi all'estero?

“Non penso di essere mai stato più di un mese fuori da casa ed ero sempre in compagnia. Credo che anche questa sfida mi appassioni. Sapersi confrontare in un ambiente e in una società diversa, senza aiuti, cercando da soli la via di uscita. Indubbiamente penso che sarà un’esperienza che fortifica, fa crescere e insegna molto. Paradossalmente, dall’altra parte del mondo, c’è la possibilità di imparare qualcosa che risiede dentro di te”.

Quindi hai aspettative molto alte da questi sei mesi all’estero.

“In realtà non ho particolari aspettative. Non è per non deluderle, ma ho l’impressione che qualunque sarà l’esperienza, nelle sue imperfezioni e nei tratti difficili, resterà sempre un’importante parte della mia formazione e della mia vita. Le persone incontrate, le difficoltà affrontate, i fallimenti e le decisioni non devono essere necessariamente lette in chiave negativa. Confrontarsi con una nuova cultura vuol dire indubbiamente imbattersi in alcuni muri apparentemente difficili da superare. I periodi bui, come nella vita, ci sono e sono altrettanto importanti. Sono queste imperfezioni che renderanno l’esperienza ancor più ricca. I giapponesi riassumono, come sono soliti fare, questo concetto in poche sillabe, Wabi Sabi (侘寂), la perfetta imperfezione. L’unica certezza è che non demorderò, per il resto sono pronto a tutto”.

Senti, ma partire così giovani potrebbe sembrare anche una fuga dalla città, dalla scuola…

“Nonostante possa magari dare quest’impressione, non ho deciso di partire per allontanarmi dal collegio – sorride Andrea Spinelli - Questa scuola è, ed è stata, la mia casa fino ad ora. È la mia infanzia e la mia adolescenza. In questi cortili mi sono sbucciato per la prima volta le ginocchia, ho fatto le mie prime verifiche, l’esame di terza media, ho recitato. Parto anche grazie agli stimoli ricevuti qui e il supporto dato dai professori nell’idea di partire”.

Neanche una fuga dalla famiglia quindi?

“No dai, la mia famiglia è stata fondamentale durante questo percorso, senza di loro, non mi sarei mai presentato al primo incontro. Confesso che sarà difficile il giorno della partenza rimanere impassibile”.

Quando hai iniziato ad appassionarti alla cultura orientale?

“La passione per il Giappone e per la sua cultura è iniziata attraverso un'altra passione, il Kendo. Pratico ormai da un paio d’anni un’arte marziale che affonda le sue radici nell’era feudale del Giappone, modernizzando le tecniche di combattimento utilizzate dai guerrieri durante quel periodo. Non sono solo le spade che mi hanno avvicinato a questa disciplina, ma ancora una volta la filosofia, il rigore e la forza interiore che è capace di offrirti. Sembra ormai chiaro che la filosofia mi stia simpatica, ed effettivamente anche la materia scolastica riesce ad appassionarmi nello stesso modo”.

Hai già una visione o un sogno per il tuo futuro di studio o professionale?

“Ho un’idea già da un po’ di tempo e non credo di cambiarla. Avrei il desiderio, o meglio l’obiettivo, di diventare un fisico teorico e lavorare nell’ambito di ricerca nell’ambito di università o agenzie spaziali, sempre all’estero. Continuerò quindi i miei studi per riuscire, o almeno tentare, di comprendere i segreti più eleganti e remoti della nostra realtà”.

Seguici sui nostri canali